Francesco Paolo Conti
Medico prescrittore certificato
La cannabis è una delle piante medicinali più utili in assoluto: per l’ampio campo di utilizzo nel trattamento di numerose patologie, essa costituisce una risorsa di grande versatilità
La canapa (Cannabis, L. 1753) è una pianta a fiore, appartiene alla famiglia delle Cannabaceae, dette anche Cannabinacee, ordine delle Urticales. Sull’esatta tassonomia del genere Cannabis (Cannabaceae) vi sono opinioni diverse: alcuni autori distinguono solo una specie (sativa) con due sottospecie, ciascuna con due varietà (Cannabis sativa e indica), altri dividono invece il genere in tre specie (sativa, indica e ruderalis), altri infine propongono che la specie Cannabis sativa comprenda tutti gli individui, a parte forse le varietà usate per la produzione di hashish e marijuana in Afghanistan e Pakistan, che andrebbero raggruppate sotto la specie Cannabis indica. In ogni caso, tutte le specie, sottospecie o varietà citate possono essere tra di loro incrociate dando luogo ad una progenie fertile.
Prove dell’utilizzo della cannabis si hanno fin dai tempi del Neolitico. Numerose testimonianze in tutto l’arco della storia umana riportano una svariata quantità di usi, fra i quali quello terapeutico (principalmente analgesico, sedativo, miorilassante). La coltivazione della canapa ricevette un vero colpo di grazia a seguito del Marijuana Tax Act, datato 1937, dove la si mise al bando negli USA e poi di riflesso in gran parte del resto del mondo (la famosa casa editoriale/cartaria Hearst, la maggior sostenitrice tramite i suoi quotidiani della campagna anti cannabis, aveva appena effettuato enormi investimenti sulla carta da albero). A seguito delle politiche proibizioniste messe in atto a partire da quella data, anche l’uso terapeutico ha conosciuto decenni di oscurantismo.
I derivati della cannabis sono costituiti da una significativa varietà di principi attivi, unicamente prodotti da questa pianta, conosciuti col nome di cannabinoidi: si tratta di un gruppo di composti terpeno-fenolici a 21 atomi di carbonio la cui biosintesi è localizzata in ghiandole specializzate (tricomi ghiandolari), distribuite su tutta la superficie aerea della pianta e in maggior misura nelle infiorescenze femminili.
Finora sono stati identificati oltre 80 differenti tipologie di cannabinoidi, anche se molti sono presenti in piccole tracce e non consentono l’esecuzione di un’indagine più approfondita.
Dal punto di vista farmacologico, i più importanti principi attivi della cannabis sono:
- THC o Delta9 Tetraidrocannabinolo (analgesico, antiossidante, antinfiammatorio, antiemetico, miorilassante, antiprurito, broncodilatatore);
- CBD o Cannabidiolo (ansiolitico, antipsicotico, analgesico, antinfiammatorio, antiossidante, antispasmodico, anticonvulsivante, citotossico);
- CBC o Cannabicromene (antinfiammatorio, analgesico, antifungino, antibiotico, antidepressivo);
- CBG o Cannabigerolo (antinfiammatorio, analgesico, antifungino, antibiotico);
- CBN o Cannabinolo (sedativo, antibiotico, anticonvulsivante, antinfiammatorio).
Principio attivo THC
Il THC è la principale molecola responsabile delle proprietà farmacologiche e psicoattive della pianta.
L’interesse per la cannabis e per le sue proprietà terapeutiche hanno inizio a partire degli anni ’70 e coincidono con la scoperta del Delta 9 Tetraidrocannabinolo o THC e dei recettori specifici per i cannabinoidi all’interno del nostro organismo (sistema endocannabinoide; recettori cannabinoidi CB-1 e CB-2 – Devane 1988).
Azione farmacologica del THC: analgesico, antiossidante, antinfiammatorio, antiemetico, miorilassante, antiprurito, broncodilatatore, euforizzante.
Principali indicazioni terapeutiche del THC: spasticità secondaria associata a Sclerosi Multipla e ad altre gravi malattie neurologiche, dolore oncologico, dolore cronico di origine neurologica, Sindrome di Gilles de la Tourette, nausea e vomito da chemioterapia, anoressia da AIDS, fibromialgia, dolore post-operatorio, emicrania, emicrania a grappolo.
Principio attivo CBD
Il cannabidiolo o CBD è il secondo costituente principale della Cannabis.
A differenza del THC, il CBD non possiede effetti psicotici, ma è in grado di modulare l’azione del THC prolungandone gli effetti terapeutici e limitandone quelli collaterali.
Olio ed estratti di canapa sono da sempre utilizzati in tutto il mondo come una medicina naturale tradizionale. Esiste oggi un crescente corpo di prove che suggerisce che l’olio di CBD tratta efficacemente un gran numero di disturbi.
Azione farmacologica: ansiolitico, antipsicotico, analgesico, antinfiammatorio, antiossidante, antispasmodico, anticonvulsivo.
Ricerca in progress: regolatore del livello di glucosio nel sangue, migliorativo della circolazione sanguigna nei pazienti diabetici, azione citossica nei confronti delle cellule tumorali (cancro al seno e alla prostata), disturbi del sonno, apnee notturne, paura/ansia, disturbo da stress post-traumatico, depressione.
Principio attivo CBG
Al pari dell cannabidiolo (CBD), il CBG non è stato inserito nella Convenzione delle sostanze psicotrope stipulata a Vienna nel 1971.
La ricerca ha evidenziato che il CBG può aver effetti positivi sulla salute dell’essere umano, ed in particolare:
- Cura dell’ansia e della tensione muscolare in quanto il CBG inibisce il neurotrasmettitore GABA
- Trattamento del glaucoma, in quanto riduce la pressione intraoculare aumentando il drenaggio del fluido dell’occhio al pari degli altri cannabinoidi
- Trattamento delle malattie infiammatorie intestinali come il morbo Crohn
- Antidepressivo
- Effetti anti-nausea e anti-emetico
- Proprietà antitumorale in particolare nei casi di tumore al colon, alla prostata, alla pelle, al seno
- Proprietà neuro-protettive
- Proprietà antifungine e antimicrobiche
- Trattamento della psoriasi (inibisce la proliferazione dei cheratinociti)
- Trattamento delle disfunzioni vescicali in particolare nella riduzione delle contrazioni
Azione farmacologica del CBG: antinfiammatorio, analgesico, antifungino, antibiotico.
Sistema endocannabinoide
I recettori umani e come comunicano le cellule
I recettori sono delle molecole presenti sulla superficie di una cellula, grazie ai quali la cellula riceve segnali chimici e fisici dall’esterno.
Su ogni cellula sono presenti centinaia di diversi tipi di recettori e ciascuno di questi si lega solo ad alcune sostanze, chiamate ligandi.
Ogni ligando, unendosi al recettore corrispondente, invia un preciso segnale alla cellula, che reagisce modificando il suo status. La cellula, dunque, a seconda del segnale ricevuto dai suoi recettori, può crescere, morire, produrre sostanze chimiche, ecc.
Sistema endocannabinoide umano
Fino ai primi anni ‘90 non erano noti gli effetti della cannabis sul sistema cerebrale umano.
In mancanza di dati e ricerche scientifiche, si ipotizzava banalmente che i cannabinoidi si dissolvessero nelle membrane cellulari del cervello, interrompendone il funzionamento.
Tuttavia, la scoperta negli anni ’70 del THC (il principale principio attivo presente nella cannabis) e dei suoi effetti psicoattivi sull’uomo, ha riacceso l’interesse degli scienziati, che hanno orientato studi e sperimentazioni alla scoperta di uno specifico recettore in grado di legare con i cannabinoidi.
Nel 1990 viene identificato per la prima volta il recettore cannabinoide di tipo 1 o CB-1 e nel 1993 i ricercatori dimostrano l’esistenza di un altro recettore cannabinoide, il CB-2.
Gli studi hanno dimostrato che i due recettori CB-1 e CB-2 sono presenti in tutto il corpo, ma si concentrano prevalentemente in determinati organi.
I recettori CB-1 sono presenti principalmente sulle cellule del Sistema Nervoso Centrale, in particolare nelle aree dell’encefalo adibite alla regolazione del sonno e dell’appetito, alla percezione del tempo e del dolore, alla coordinazione motoria e ad alcune funzioni cognitive complesse, come il giudizio, l’apprendimento, la memoria e le emozioni. Sono presenti in minor quantità in alcuni organi e tessuti periferici, come ghiandole endocrine e salivari, leucociti, milza, cuore e in alcune aree dell’apparato riproduttivo, dell’apparato urinario e di quello gastrointestinale.
A differenza dei CB-1, i recettori CB-2 sono stati individuati prevalentemente nell cellule immunocompetenti, nella milza, nelle tonsille, nel midollo osseo ematopoietico e nel pancreas e, in basse concentrazioni, anche nel Sistema Nervoso Centrale, in particolare sulle cellule gliali e microgliali.
Il corpo umano, dunque, possiede specifiche aree di legame per i cannabinoidi, distribuite sulla superficie di tipi diversi di cellule e produce naturalmente ligandi endogeni, chiamati endocannabinoidi. Il primo ligando naturale ad essere isolato, con un forte legame al recettore CB-1, è stato l’Etanolamide Acido Arachidonico, chiamato comunemente Anandamide (dalla parola sanscrita “beatitudine eterna”). Pochi anni più tardi, gli scienziati hanno scoperto un secondo ligando, il 2-arachidonil glicerolo (2-AG), capace di legare sia con il recettore CB-1, sia con il recettore CB-2.
I recettori cannabinoidi, i loro ligandi endogeni (prodotti naturalmente dal nostro organismo) e le proteine coinvolte nel metabolismo e nel trasporto degli endocannabinoidi costituiscono il Sistema Endocannabinoide: un sistema di grande importanza per il normale funzionamento dell’organismo, coinvolto in numerosi processi fisiologici (controllo motorio, memoria, apprendimento, percezione della fame e del dolore, regolazione dell’equilibrio energetico, modulazione del sistema immunitario e neuroprotezione).
Meccanismo di azione della cannabis
In farmacologia, il termine meccanismo di azione si riferisce alla specifica interazione biochimica attraverso la quale un principio attivo produce il suo effetto medicinale.
Studi scientifici dimostrano chiaramente che gli endocannabinoidi svolgono un ruolo importante nel mantenere il giusto equilibrio dell’organismo. In particolar modo, in caso di malattia, il sistema endocannabinoide aiuta il corpo a sentire meno dolore, a controllare gli spasmi, a rilassarsi, ad affrontare i disagi causati da stress post traumatico, a regolare i ritmi sonno-veglia e a salvaguardare il sistema nervoso.
Studi scientifici hanno dimostrato che la cannabis produce cannabinoidi, sostanze in grado di interagire con il sistema endocannabinoide dell’uomo. Questa interazione offre interessanti opportunità per il trattamento di malattie difficili e per lo sviluppo di nuovi farmaci. In altre parole, si è scoperto che il sistema endocannabinoide presenta un set di nuove potenziali “serrature” farmacologiche, che possono essere aperte o chiuse con l’aiuto di cannabinoidi naturali o sintetici.
Tuttavia, è importante tener presente che i trattamenti farmacologici a base di cannabis non sono adatti a tutti i tipi di pazienti. A seconda, ad esempio, della varietà della canapa, del dosaggio dei principi attivi e della modalità di somministrazione, gli effetti possono essere terapeutici o possono provocare effetti indesiderati.
Attualmente, vari studi hanno dimostrato che le preparazioni naturali derivate dalla pianta di cannabis, in cui tutti i componenti estratti lavorano in sinergia fra loro, hanno un migliore effetto terapeutico rispetto alla singola assunzione del principio attivo. Sono in corso ulteriori ricerche per comprendere appieno il funzionamento di questa interazione.
Applicazioni terapeutiche della cannabis
Il THC e il CBD sono i cannabinoidi ritenuti più importanti per la loro azione farmacologica e per i loro effetti terapeutici in numerose patologie, soprattutto nei disordini del movimento, nella spasticità correlata alla Sclerosi Multipla, nell’epilessia, nel dolore di tipo neuropatico ed emicranico.
Studi recenti hanno messo in evidenza il ruolo della cannabis come neuroprotettivo (in caso di malattie degenerative o in caso di traumi), come stimolante dell’appetito, come antidolorifico, migliorativo dell’umore, antinfiammatorio e antistress. Queste proprietà benefiche della cannabis sono state riscontrate sia nella resina della pianta (particolarmente ricca di cannabinoidi), sia nell’olio ricavato dai semi, ricco di sostanze nutritive essenziali, come gli acidi grassi polinsaturi Omega 3 e Omega 6 e l’acido gamma linoleico.
Inoltre, nuove ricerche relative alla capacità dei cannabinoidi di stimolare il fenomeno dell’apoptosi nelle cellule tumorali (forma di morte cellulare programmata) stanno destando l’interesse di molti pazienti, medici, ricercatori e case farmaceutiche.
La pianta di canapa
La cannabis è una pianta erbacea annuale, dall’odore forte e aromatico, con fusto eretto, rigido e ramificato, che in condizioni di crescita ottimali può raggiungere i 5 metri di altezza.
Le foglie sono palmato-composte con lamine sottili, lanceolate a margini seghettati e con una coppia di stipole alla base. Il numero, la forma e le dimensioni delle lamine fogliari variano notevolmente a seconda della differente origine genetica delle piante. In genere mostrano foglie composte da un minimo di 5 a un massimo di 13 segmenti strettamente lanceolati.
La cannabis è una pianta dioica spontanea, con fiori maschili e fiori femminili su piante separate.
Nello stadio prefiorale, a meno di utilizzare dei marcatori molecolari, il sesso è irriconoscibile, ed anche i fiori embrionali sono morfologicamente indifferenziati.
A sviluppo completato i fiori maschili sono riuniti in grappoli ascellari, penduli e ramificati; ogni singolo fiore mostra 5 stami con grosse antere pendenti.
L’infiorescenza femminile invece si presenta come una falsa spiga, grossa, molto compatta e robusta; il singolo fiore consta di una stipula, una brattea personale con 2 stigmi filiformi e di un ovario uniloculare.
Il frutto è un achenio bivalve, liscio, con tegumento giallastro segnato da intaccature nere.
La cannabis è una pianta brevidiurna. In condizioni normali, il suo sviluppo vegetativo si realizza principalmente durante i giorni estivi a fotoperiodo lungo. A fine stagione, quando le giornate cominciano progressivamente ad accorciarsi, le piante iniziano a fiorire e accontentare il loro ciclo vitale.
Il numero di ore giornaliere di luce per indurre la fioritura varia da 12 a 14 ore.
La conoscenza della risposta al fotoperiodo è molto importante, soprattutto nella coltivazione della cannabis terapeutica. Le varietà medicinali, infatti, sono normalmente coltivate in ambiente indoor (in condizioni ambientali artificiali), per cui non seguono il normale ciclo biologico della pianta. Queste tecniche di coltivazione consentono di riprodurre tutti i processi di crescita e fioritura ed evitano l’esposizione a fattori ambientali di rischio, preservando la qualità delle piante.
Per le varietà di cannabis ad uso medico, la raccolta deve avvenire nel periodo di massima resa in cannabinoidi. Le fasi finali del processo di fioritura assumono pertanto notevole importanza, in quanto le piante risultano più attive nella produzione di cannabinoidi e terpeni. Le infiorescenze femminili e le foglie rappresentano le principali fonti di principi attivi e quindi gli unici tessuti della pianta ad essere impiegati nella produzione di farmaci a base di cannabis.